Le didattiche formative: razionali o creative? Stimoli di riflessione a “tesi”
Oggi sono ambiziosa…voglio prima riportarvi i classici, successivamente sostenere una tesi. Rispolverare i classici significa portarvi ai tempi di Jean Piaget con questa sua dichiarazione: “Se volete rimanere creativi, rimanete in parte bambini, con la creatività e la fantasia che contraddistingue i bambini prima che siano deformati dalla società degli adulti”.
Ma perché è importante mantenere e sviluppare la creatività? Questa capacità (attenzione non dote!) ha un’importanza radicale per il mantenimento della curiosità e quindi per lo sviluppo di nuove concettualizzazioni che portano a nuove conquiste, nuove strade… in due parole: portano allo sviluppo del sé cognitivo, al futuro. La mia tesi nasce da questo “ritorno ai classici”, e vuole coniugare l’importanza della creatività (intesa come potenziale creativo che ognuno ha dentro di sé in attesa di essere portato alla luce), con la capacità di modificare il presente (ciò che viviamo) dando vita a qualcosa di “inedito” (concetto molto lontano da quello di “diverso”).
Ritorno al presente: ora è arrivato il momento di svelare la mia tesi che riguarda: “la creatività applicata alle metodologie formative è in grado di dare vita ad un processo cognitivo che stimola apprendimento, e permette -a chi è chiamato ad attivare questo processo- di trasformare gli “stimoli” cognitivi in concetti veri e propri, sedimentarli e dare vita a nuove produzioni concettuali, ovvero nuove idee”.
Si apre, così, per la formazione degli adulti, un nuovo campo di confronto: quello delle metodologie che consentono attraverso l’uso della “creatività” apprendimenti e pensieri inediti. Ora sosterrò questa tesi attraverso 2 passaggi:
Primo:
Innanzitutto, possiamo dire che la creatività vi è nella misura in cui c’è la capacità di creare/dare vita a nuovi pensieri? SI’, poiché:
- i nuovi pensieri sono possibili nella misura in cui è possibile COMBINARE pensieri già esistenti (combinazione/incastro/unione libera che mi permette di dare vita ad un nuovo enunciato)
- la combinazione di pensieri esistenti è possibile nella misura in cui i pensieri sono “entità discrete” (*semplici)
- i pensieri sono entità discrete nella misura in cui sono RAPPRESENTAZIONI SIMBOLICHE (che fungono da sintesi) o PAROLE (pensiamo alle parole chiave)
Poiché non si può (e non voglio in questa sede) entrare nella questione “prima l’uovo o la gallina?”, partiamo dall’assunto, desunto dagli studi sinergici tra Glottodidattica e Neuroscienze (Rif. Felice Cimatti), che alcuni pensieri sono innati nell’individuo (ovvero sono primitivi), pertanto è la “sintassi del pensiero” che permette di combinarli tra loro formandone di nuovi e (si spera) inediti. Questa disponibilità di pensieri primitivi, presenti in ognuno, permette di dare origine al processo cognitivo, mentre le modalità con cui i pensieri si combinano tra di loro possono essere stimolate da eventi, situazioni e/o percorsi formativi.
Secondo:
Fare esperienza di creatività dà vita alla creatività stessa, ovvero a nuovi combinazioni concettuali? SI’, poiché:
- l’azione, ovvero vivere e fare esperienza nella e della realtà, produce cognitivamente delle rappresentazioni simboliche (sintesi) che riconducono agli stimoli cognitivi (concetti)
- le rappresentazioni mentali (quindi le sintesi simboliche dei concetti) essendo “pensieri discreti” possono essere combinati tra loro
In sintesi, le unità di lavoro creative, permettono di fare esperienza della e nella realtà, aiutano i partecipanti a trasformare concetti complessi e articolati in rappresentazioni simboliche (immagini, parole), che portano (essendo pensieri semplici) alla tracciatura dei “solchi” neuronali che consentono la sedimentazione del concetto e quindi l’apprendimento duraturo. Inoltre le rappresentazioni mentali tracciate nel nostro processo cognitivo permettono la combinazione dei concetti, e l’unità di lavoro –creativa- con la propria metodologia supporta in questo lavoro di “combinazione”, finalizzandola alla produzione di nuove idee.
E’ questa la direzione dei percorsi esperienziali, che spesso ed erroneamente vengono collocati e vincolati alla concretezza del quotidiano (dell’esperienza che ognuno di noi compie nel proprio agire), mentre essi devono permettere (attraverso metodologie creative) quella sedimentazione profonda dell’elaborazione dell’esperienza che si traduce in simboli e narrativo e che, in ultima istanza, produce sapere e saper fare.
Bibliografia: “Glottodidattica e neuroscienze: verso modelli traslazionali” –G.Buccino, M.Mezzadri; “Giochi per sviluppare la creatività” –Raudsepp, Hougr Jr.; blog; Jean Piaget, “Il problema della lingua, oltre embodied e disembodied cognition”-Felice Cimati
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