L’UOMO ARTIGIANO IN UNA SOCIETA’ LIQUIDA: LE SCUOLE DEI MESTIERI – La sfida del “mestiere fatto bene” in un mondo “flessibile”.

Scomodo, per tracciare il quadro di riferimento necessario ad elaborare un possibile modello di Scuole dei Mestieri, due sociologi molto importanti: Sennett e Bauman.

Il primo con i suoi scritti sull’uomo artigiano (Feltrinellli 2008) in cui sostiene che si debba “Saper fare bene le cose per il proprio piacere” e per arrivare a tale obiettivo sia necessario far crescere i lavoratori e non “comprarli” magari dove costano meno. Il secondo che quando parla della società oggi la definisce “liquida” e ipotizza che per praticare le professioni oggi, non sia necessario un apprendimento sistematico a lungo termine perché questo potrebbe trasformarsi in uno svantaggio.

Due posizioni apparentemente molto lontane che lanciano una sfida non indifferente a chi nelle imprese e nelle istituzioni è preposto a trasmettere i saperi anche tecnici e a consolidarli in lavori, attività e, in ultima istanza, in organizzazioni in grado di muoversi in modo profittevole.

La sfida consiste nel mettere insieme, all’interno del percorso formativo della Scuola dei Mestieri, l’aspetto “artigianale” che è fatto di contenuti tecnici specifici e approfonditi con l’adeguata flessibilità che permetta alle persone che la frequentano di non chiudersi in una gabbia d’acciaio, prigionieri della loro specifica professionalità.

 

Le scuole dei mestieri in genere trattano di attività e di professioni che si basano prevalentemente sul saper fare e sulle conoscenze tecniche. Molte rievocano gli “antichi mestieri o arti” e spesso nascono dall’esigenza di mettere in pratica il “concetto rivoluzionario di capitalismo umanistico” (vedi la scuola di Solomeo voluta da Brumello Cucinelli) con la volontà di restituire la propria nobiltà ai mestieri, una specie di neo rinascimento; altre affrontano invece i nuovi mestieri legati alla più recente rivoluzione informatica, con l’obiettivo di integrare i percorsi scolastici che non permettono appunto l’acquisizione di una competenza di mestiere approfondita.

In entrambi i casi creano “Artigiani” capaci e esperti e trasmettono il senso del fare impresa in cui ripercorrendo l’esperienza del garzone nella bottega, attraverso meccanismi che la generatività dell’artigiano anziano determina nella relazione con il “garzone”, danno significato più profondo al proprio modo d’essere. Non è un caso che anche le scuole dei mestieri (moderni) creino delle moderne “corporazioni” in cui lo spirito di corpo si evidenzia con comportamenti ben visibili e simbolicamente riconoscibili.

In questo modo il saper fare si coniuga con il saper essere.

Ma al di là del contenuto tecnico, come fare per rendere le scuole dei mestieri dei moderni laboratori dove accanto al mestiere, alle tecniche necessarie per fare bene il proprio lavoro, si possano apprendere anche modi d’essere flessibili, più consoni al mondo che realmente ci circonda in cui il cambiamento è all’ordine del giorno e l’indeterminatezza, appunto la liquidità, invade ogni ambito delle nostra vita?

Una risposta viene data dalla Scuola Europea dei Mestieri (SEUM) di Arezzo che lavora con la didattica del learning by doing, in cui il progetto diviene strumento di formazione per chi lo realizza e per coloro a cui è rivolto. In questo modo viene introiettato nel lavoro dell’artigiano/artista, il punto di vista mobile del cliente/fruitore che rappresenta una modalità con cui l’arte non si apprende solo attraverso la tecnica trasmessa dal mentore che conosce intimamente il mestiere,  ma viene costantemente modernizzata dal coinvolgimento di tutte le componenti che partecipano (amministratori, dirigenti, progettisti e semplici operatori) rendendo in questo modo il processo formativo più dinamico e aperto al cambiamento che la “voce del cliente” rappresenta.

Così come ambiti diversi vengono oggi esplorati per i nuovi mestieri (vedi l’école des Métiers de Fribourg) e gli apprendimenti tecnici, quelli che permettono di agire il mestiere, sono world wide, tanto che le persone che la frequentano fanno stage all’estero per apprendere dai best in class il lavoro.

Gettati i semi cerchiamo di sintetizzare: come apprendere a fare bene il proprio mestiere mantenendo la flessibilità necessaria per questa società in continua evoluzione?

 

MAIN STREAM PER LA PROGETTAZIONE DELLA SCUOLA DEI MESTIERI

I main stream per la progettazione della scuola dei mestieri che qui esponiamo derivano dall’analisi critica delle situazioni esistenti e rispondono alla domanda posta di coniugare mestiere e flessibilità. Per ognuno abbiamo cercato di individuare i warning più ricorrenti dopo aver definito cosa intendiamo per Scuola dei Mestieri.

 

Definiamo la Scuola dei mestieri

La scuola dei mestieri è quella specifica istituzione formativa, (pubblica o privata) rivolta a target differenziati (giovani o più anziani) che desiderano apprendere un mestiere inteso come un insieme di attività il cui apprendimento si genera dalla pratica e dall’esercizio quotidiano. (Mestiere da Minister = Aiuto, servizio ma anche Myserium come Mistero, quindi sconosciuto, indecifrabile, da apprendere da chi lo sa fare, da rubare si dice in alcune culture).

Pre requisiti per realizzare una scuola dei mestieri

  • Commitment e vision: una scuola dei mestieri deve avere una visione e una missione chiara, deve quindi definire il tipo di “prodotto” che intende realizzare: L’uomo (e la donna) artigiano non è solo colui che sa fare bene il proprio mestiere, ma è colui/colei che sa dare un significato più profondo del lavoro fatto a regola d’arte.
  • Beneficiari: oltre ai partecipanti deve essere definito in modo chiaro chi possono essere i beneficiari della scuola e del suo “prodotto”: istituzioni, territorio in senso lato, imprese di uno specifico settore o una impresa specifica, clienti? Introiettare nella scuola dei mestieri l’ottica dei beneficiari evita la chiusura nelle technicalities del mestiere e della “corporazione”.

 

Contenuti

Sens of making: il trasferimento del “senso del fare” deve essere veicolato nell’esempio e nelle modalità relazionali e comportamentali dei mentori e degli “artigiani” che insegnano il mestiere. Una particolare attenzione deve essere posta alla loro selezione, non è possibile accettare l’idea che in una scuola dei mestieri possano insegnare persone che sanno fare bene il proprio lavoro ma non hanno capacità o competenze per trasmetterlo.

Tecnica ma anche metodo e concetti: le tecniche e i metodi del lavoro specifico devono essere trasferiti sia concettualmente, sia attraverso l’esperienza sul campo. Molte scuole dei mestieri sottovalutano la dimensione cognitiva perché si ritiene erroneamente che le persone possano apprendere solo facendo e si fermano all’insegnamento dei “rudimenti” di alcune discipline, imitando malamente i programmi ministeriali delle scuole professionali.

Il corpo concettuale afferente al mestiere invece, ha una sua specificità e deve essere strutturato attraverso una “didattica per concetti” che trasmetta le cognizioni necessarie a contestualizzare il “mestiere” in un’ottica più ampia e flessibile.

E’ in questa parte del percorso formativo che le persone apprendono gli aspetti che aiutano a dare senso al mestiere e conseguentemente anche al loro “fare”. Il trasferimento dei concetti non si deve limitare a presentare gli elementi indispensabili ad agire ma deve costruire un narrativo che consenta collegamenti e dia risposte alle domande che inevitabilmente la fase esperienziale pone.

“L’artigiano” oggi deve avere un ground molto solido, su cui costruire la propria “artigianalità”. La didattica dovrà però essere molto diverse da quella utilizzata normalmente, si dovrà ricorrere ad una didattica che aiuta a rielaborare l’esperienza, apprendere dagli errori. In grado di sostenere la persona in forme di apprendimento continuo. E’ il back ground concettuale che lo aiuta a problematizzare criticamente la propria esperienza, che lo aiuta a porre le buone domande, a vivere criticamente il proprio lavoro. Un artigiano che non si interroga è un artigiano che non cresce e in questo modo non fa crescere anche la sua “arte”.

 

La didattica:

Learning by doing è una frase spesso abusata quando si parla di Scuola dei Mestieri. Implicitamente enuncia il fatto che le persone imparano facendo le cose. Ma basta “fare” per apprendere ed essere eccellenti nel proprio mestiere?

Non credo proprio!

Anche i processi di apprendimento esperienziali hanno bisogno di un costrutto didattico in cui l’aspetto cognitivo dell’apprendimento viene adeguatamente supportato.

Il learning by doing non è “naturale” soprattutto quando si parla di apprendimento degli adulti, o di giovani che hanno comunque fatto un pezzo di socializzazione nei percorsi scolastici tradizionali.

L’apprendimento è il frutto di un costante esercizio di auto-analisi e revisione critica del proprio lavoro. A maggior ragione quando si devono trasferire conoscenze connesse al fare, quindi immediatamente sperimentabili nella dimensione pratica.

La qualità dei docenti è il fattore discriminante in ogni tipo di scuola ma per le Scuole dei Mestieri riveste una importanza di gran lunga maggiore poiché devono avere tecnica e metodo: la didattica deve essere customizzata e gestita nel just in time perché si confronta costantemente con la prova della verità costituita dall’esperienza.

Il learning by doing è quanto di più ingegneristico si possa pensare perché si deve basare su una elicitazione delle conoscenze possedute dagli artigiani coinvolti più o meno formalizzata, sulla capacità di individuare un percorso in cui le attività da apprendere (e da compiere) sono classificate in funzione del livello di complessità e in un rapporto di causa-effetto con i risultati da raggiungere. Tutto questo deve essere previsto nell’elaborazione dei curricula da una didattica in grado di gestire i percorsi di apprendimento in modo molto professionale. Così come non si deve sottovalutare il potere “trasformativo” che i feed back e le valutazioni possono avere, i rinforzi positivi per i piccoli passi compiuti soprattutto quando il mestiere da apprendere è particolarmente complesso.

Esperienza sul campo: stages in aziende diverse, alternanza scuola lavoro. Solo sperimentandosi in contesti diversi l’apprendista artigiano aumenta la propria auto-consapevolezza e auto-stima che gli permetterà di fare bene il suo lavoro.

 

L’Artigiano In una società liquida: come coniugare il fare bene il proprio lavoro con la flessibilità

 

L’analisi critica delle esperienze fatte dalle Scuole dei mestieri esistenti, unita al lavoro che Nomesis fa quotidianamente con le imprese ha permesso di elaborare una best practice, utile a coloro, enti pubblici o privati, che intendono cimentarsi nell’attivazione di una Scuola dei mestieri o Academy. Qui di seguito gli steps necessari e indispensabili per realizzare una Scuola che possa coniugare la necessaria esigenza di approfondimento professionale e tecnico, con la flessibilità:

 

  1. Vision e mission: il gruppo dei promotori deve essere in grado di rispondere alle seguenti domande: Perché è necessaria una Scuola dei Mestieri? Quale relazione con il sistema formativo istituzionale? A chi ci rivolgiamo, quali/quale mestiere devono apprendere? Come vediamo il futuro di questo mestiere? Qual è la Value Proposition della Scuola?
    • Questo primo passaggio, difficile e complesso, permette di definire in modo specifico il prodotto che la scuola predisporrà e che immetterà nel mercato del lavoro (anche quando è emanazione di una impresa che utilizzerà le persone formate).
    • Da ciò discende il mandato per i “progettisti della formazione” che dovranno confezionare il prodotto formativo, la rete di relazioni istituzionali che la scuola deve avere, il gruppo apicale della scuola.
  2. Elaborazione della know map del “mestiere”: con l’aiuto di focus group di “artigiani” che conoscono il proprio lavoro in modo eccellente e “clienti” elaborare una know map del mestiere in cui partendo dall’esperienza del fare si possano ricostruire gli step relativi alle conoscenze necessarie e alle esperienze utili per acquisire la capacità di “Fare”. Accanto ai focus group è possibile fare degli approfondimenti con gli artigiani e osservazioni sul campo affinchè si possa definire con la maggiore precisione possibile il nesso causale, conoscenze verso competenze.
  3. Elicitazione dell’esperienza: L’osservazione sul campo dell’artigiano permette l’elicitazione delle conoscenze e dei processi impliciti nel lavoro dell’artigiano. Ciò è d’aiuto per la predisposizione di manuali anche molto ridotti di processi e procedure da trasferire ai partecipanti alla scuola dei mestieri e a sedimentare il know how, renderlo cioè disponibile al di là della presenza dell’artigiano.
  4. Selezione degli artigiani: gli artigiani da selezionare, per le sessioni di formazione in aula e nei laboratori devono essere accuratamente scelti all’interno di un basket ampio, per questa ragione la Scuola dei Mestieri deve reclutare artigiani diversi che siano in grado di mostrare/trasmettere diverse sfaccettature del mestiere, dalla dimensione del prodotto e della produzione, alla dimensione più manageriale e di leadership che all’interno dell’impresa artigiana ci deve essere. E’ quindi necessario selezionare sia le persone con adeguate competenze tecniche, sia persone con adeguate competenze di leadership e manageriali, questo anche quando si tratta di “lavori” cosiddetti manuali. Così come è importante per la scuola dei mestieri, utilizzare artigiani e/o docenti che siano in grado di parlare in lingua straniera e utilizzare, se necessario, gli strumenti informatici.
  5. Definizione del contesto: La costruzione del contesto, dal lay out della aule e dei laboratori dell’edificio nel suo complesso e delle aree comuni deve rispecchiare la vision e la mission di una comunità educante in cui i docenti e gli allievi vivano la vicinanza propria dei percorsi esperienziali.
  6. Definizione dei contenuti: Definire i contenuti non è facile ma se gli step 2 e 3 sono stati impostati correttamente si hanno già le risposte necessaria sia per impostare la parte tecnica, sia per per predisporre la parte più legata alla dotazione di senso (narrativo, trasmissione delle conoscenze). Un elemento forte di flessibilità deve essere introdotto attraverso l’insegnamento dell’uso degli strumenti multimediali che possono essere un supporto alla didattica e delle lingue straniere. In entrambi i casi si deve prevedere un insegnamento che si “insinui” nella pratica quotidiana e quindi non “concettuale” ma legato al lavoro da fare, al mestiere. Le metodologie impiegate sono un tutt’uno con i contenuti, quindi è bene che si predisponga il piano didattico, tenendo conto che:
    • Parliamo di mestieri spesso riferendoci agli “antichi mestieri” ma oggi le persone che li apprendono sono in una comunità totalmente diversa da quella che ha partorito quei mestieri. Questo significa che mentre un tempo le persone apprendevano andando “a bottega” dai 8-10 anni in su, senza un particolare costrutto concettuale già implementato nei percorsi neuronali, oggi sia le persone giovani, sia le persone più anziane, hanno una percorso di apprendimento molto “intellettualizzato” che si basa quasi prevalentemente su apprendimenti cognitivi e poca sperimentazione. Sono quindi persone molto più portate a chiedere e a chiedersi “perché?” A loro non si può rispondere: “Si fa così perché si è sempre fatto così!”
    • Il rapporto con il corpo e con la manualità è molto modificato rispetto ai secoli passati. Alcune attività che possono apparire facili non lo sono per nulla. Il coordinamento mente-corpo è un fattore importante per molti mestieri e deve essere spesso ripristinato. Una educazione fisica mirata potrebbe essere di grande aiuto.
    • La dotazione di senso non può essere implicita ma deve esser esplicitata in modo finalizzato perché nella nostra società occidentale dove lo status è fortemente collegato al lavoro che si fa, il lavoro manuale, anche quello artigiano, è stato ampiamente sottovalutato e svuotato della sua valenza simbolica. La dotazione di senso passa attraverso il narrativo, la ricostruzione dei “perché” e non solo del “come fare bene le cose”. In questo modo, rendendo esplicito il senso, diventa per i partecipanti anche possibile e facile trasmetterlo nel loro contesto di vita.
  7. Strutturazione del learning on the job (in laboratorio o con stages e tutorship): posto che il “learning on the job” è fondamentale, la parte del laboratorio “protetta” in cui i partecipanti alla scuola apprendono i rudimentali del mestiere deve essere ridotta al minimo per permettere appunto l’apprendimento di contenuti, in grado di consentire alla persona di muoversi in una realtà artigiana organizzata. Gli stages nelle imprese sono altrettanto importanti perché permettono alla persona di confrontarsi con tutti gli aspetti di contenuto del lavoro ma anche di managerialità. Sono preferibili le modalità di alternanza scuola-lavoro, piuttosto che stages più o meno lunghi che occupano una parte dell’anno scolastico, questo perché lo stage deve essere un supporto e un rinforzo dell’apprendimento e deve essere gradualizzato, step by step, in sintonia con l’aula e i laboratori interni. Come avviene già in molte Scuole lo stage deve essere realizzato attraverso un piano di stage in cui siano chiari sia gli obiettivi che le attività da compiere da parte dell’allievo e da parte del tutor aziendale. Il tutor deve essere coinvolto nella fase di predisposizione del piano e nella fase di feed back e valutazione dell’allievo.
  8. Utilizzo di strumenti multimediali (feed back) L’utilizzo degli strumenti multimediali è fondamentale per dare metodo e flessibilizzare le persone. Video-riprendere una sessione di laboratorio o una persona che sta facendo un lavoro, permetterle di ri-vedersi per correggere i propri errori, è solo una delle possibili applicazioni della multimedialità nella scuola dei mestieri. A seconda dei lavori ce ne possono essere altri: dall’uso di programmi specifici, alla valorizzazione del lavoro svolto on line ma anche la visual learning può essere d’aiuto, soprattutto per i passaggi importanti di costruzione del senso e per alimentare il livello di auto-immedesimazione nel mestiere.
  9. La creazione della “corporazione”: L’accreditamento e reputazione della scuola passano attraverso la creazione di un senso di sé come “artigiano”. Le persone che la frequentano diventano i primi “ambasciatori” della scuola, sia nel territorio che nel settore di riferimento. E’ quindi rilevante, per permettere alla Scuola dei mestieri di diventare un punto di riferimento “istituzionale” per il territorio che la circonda e per il settore di riferimento, mantenere saldi legami con coloro che l’hanno frequentata. L’utilizzo degli ex allievi come “artigiani” docenti, eventi che stimolino il senso di appartenenza e possano nel tempo mostrare i risultati raggiunti dagli ex allievi sono solo alcuni dei modus operandi che permettono alla Scuola di accreditarsi, aumentando così la reputazione sia verso l’interno (ex allievi) che all’esterno (istituzioni, imprese ecc.).
  10. Il punto di vista esterno come elemento di valutazione delle performances: un forte elemento di flessibilizzazione, sia dell’offerta formativa della scuola dei mestieri, sia delle persone che la frequentano, può essere costituito dall’introiettare internamente il punto di vista di soggetti “esterni alla scuola” che con i loro bisogni, mutevoli e poliedrici, obbligano chi progetta il percorso e gli “artigiani” ad uscire dall’autoreferenzialità. Predisporre un cruscotto di valutazione delle performances della scuola (quindi quanto vale il prodotto che sforna) potrebbe permettere un miglioramento continuo e un continuo adeguamento alle reali evoluzioni del mercato di riferimento. Faccio cenno solo ad alcuni items che potrebbero essere alla base del cruscotto di valutazione “esterna”: % degli allievi che lavorano dopo un anno, % degli allievi che fanno il lavoro per cui sono stati formati; customer satisfaction delle imprese che hanno acquisito la forza lavoro formata; numero delle imprese artigiane nate da artigiani formati nella scuola dei mestieri ecc.

In questo modo l’uomo artigiano di Sennett potrebbe convivere con la società liquida di Bauman. Dobbiamo però avere l’onestà intellettuale di ammettere che non tutti coloro che frequenteranno le Scuole dei Mestieri potranno diventare “artisti” nel senso pieno del termine. Sicuramente una scuola dei mestieri ben impostata sarà in grado di permettere loro di lavorare bene e con passione, di dare senso alla propria vita attraverso il lavoro e di essere in grado di cambiare, innovando, quando i tempi di questa società liquida lo chiederanno. L’eccellenza in genere ha più capacità di adattamento perché si basa sull’inventiva, di quanta ne abbia la mediocrità.


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